Me Agape Reportage

Quali diritti per i minori durante le guerre?

images.jpgA fronte di tutte le guerre, passate e purtroppo ancora in corso, che continuano a violare sistematicamente i diritti dell’infanzia, e a seguito del recente rapporto ONU di denuncia sugli abusi ai minori in Afghanistan, crediamo che sia il caso di riportare alla memoria gli articoli della Convenzione sui diritti dell’infanzia che tutelano i diritti dei bambini in caso di conflitto armato.

Centinaia di bambini sono stati uccisi o feriti, molti in modo grave. Molti altri hanno perso i propri cari. I continui combattimenti e la distruzione delle infrastrutture di base compromettono seriamente il godimento dei diritti umani, in particolare del diritto alla salute, all’educazione e alla vita familiare. I bambini hanno sofferto anche per le serie difficoltà di accedere agli aiuti umanitari. Le ripercussioni emotive e psicologiche di questi eventi saranno assai gravi per un’intera generazione di bambini”.

Non può lasciare indifferenti la dichiarazione del Comitato per i diritti dell’infanzia delle Nazioni Unite. Eppure in molti non ne sono a conoscenza… Ma andiamo con ordine.

Riteniamo utile, innanzitutto, tener ben presente la proclamazione del Diritto alla Pace da parte della Dichiarazione universale dei diritti umani dell’ONU (art. 28), e ricordare che anche nel nostro Paese, la stessa Costituzione italiana (art. 11) ripudia la guerra. Questo per rafforzare il concetto incontrovertibile che, se la guerra stessa è un crimine, i crimini che essa sempre commette nei confronti degli innocenti, anche nel caso questi siano “vittime collaterali”, sono da considerarsi empietà ancor più ingiustificabili.

Purtroppo la lettura, punto per punto, di quanto stiamo per sintetizzare qui di seguito, non fa altro che aumentare lo sconforto, facendoci accorgere che da tempo accade esattamente il contrario di quanto prevedono le fondamentali convenzioni che mirano a tutelare l’infanzia in caso di ostilità.

La Convenzione sui diritti dell’infanzia, approvata il 20 novembre del 1989 e ratificata attualmente da 193 Stati, rappresenta lo strumento normativo internazionale più importante e completo in materia di promozione e tutela dei diritti dell’infanzia, e costituisce uno strumento giuridico vincolante per gli Stati che la riconoscono.

Tale Convenzione afferma: “…occorre preparare pienamente il fanciullo ad avere una sua vita individuale nella società, ed educarlo nello spirito degli ideali proclamati nella Carta delle Nazioni Unite, in particolare in uno spirito di pace, di dignità, di tolleranza, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà”.

images-1.jpgLo stesso concetto è approfondito e ribadito all’art. 29: “Gli Stati parti convengono che l’educazione del fanciullo deve avere come finalità: a) favorire lo sviluppo della personalità del fanciullo nonché lo sviluppo delle sue facoltà e delle sue attitudini mentali e fisiche, in tutta la loro potenzialità; b) sviluppare nel fanciullo il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dei principi consacrati nella Carta delle Nazioni Unite; c) sviluppare nel fanciullo il rispetto dei suoi genitori, della sua identità, della sua lingua e dei suoi valori culturali, nonché il rispetto dei valori nazionali del paese nel quale vive, del paese di cui può essere originario e delle civiltà diverse dalla sua; d) preparare il fanciullo ad assumere le responsabilità della vita in una società libera, in uno spirito di comprensione, di pace, di tolleranza, di uguaglianza tra i sessi e di amicizia tra tutti i popoli e gruppi etnici, nazionali e religiosi e delle persone di origine autoctona; e) sviluppare nel fanciullo il rispetto dell’ambiente naturale.”

E ancora, l’interpretazione estensiva dell’art. 37 afferma: “nessun fanciullo sia sottoposto a tortura o a pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti…” cosa che la guerra produce di per se, colpendo tra gli altri, anche i bambini.
L’art. 38: “1. Gli Stati parti si impegnano a rispettare e a far rispettare le regole del diritto umanitario internazionali loro applicabili in caso di conflitto armato, e la cui protezione si estende ai fanciulli. – 2. Gli Stati parti adottano ogni misura possibile a livello pratico per vigilare che le persone che non hanno raggiunto l’età di quindici anni non partecipino direttamente alle ostilità. – 3. Gli Stati parti si astengono dall’arruolare nelle loro forze armate ogni persona che non ha raggiunto l’età di quindici anni. Nel reclutare persone aventi più di quindici anni ma meno di diciotto anni, gli Stati parti si sforzano di arruolare con precedenza i più anziani. – 4. In conformità con l’obbligo che spetta loro in virtù del diritto umanitario internazionale di proteggere la popolazione civile in caso di conflitto armato, gli Stati parti adottano ogni misura possibile a livello pratico affinché i fanciulli coinvolti in un conflitto armato possano beneficiare di cure e di protezione.”

L’età di 15 anni è stata, tra le altre cose, portata a 18 dal Protocollo opzionale alla Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, sul coinvolgimento dei minori nei conflitti armati, adottato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 25 maggio 2000, che condanna il reclutamento, l’addestramento e l’uso dei minori nelle ostilità, all’interno e al di fuori dei confini nazionali, da parte di gruppi armati, diversi dagli eserciti degli stati, e riconoscendo la responsabilità di coloro che reclutano, addestrano e usano i minori a questo scopo.

(1 Febbraio 2009)

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