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Diritti dell’infanzia, Rapporto annuale dell’Unicef per il 2009

unicefemergenzagaza.jpgDa Johannesburg, in Sudafrica, e subito dopo in contemporanea in tutto il mondo, è partita lo scorso 15 gennaio la campagna informativa sul rapporto annuale dell’Unicef per il 2009.

In ogni Paese il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia ha presentato così risultati di indagini e piani di interventi, le cui misure e azioni sono finalizzate alla tutela della vita dei neonati e delle loro madri. La giornata italiana di presentazione del rapporto – presieduta dal presidente del Comitato Italiano dell’Unicef Vincenzo Spadafora, alla presenza del ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna – si è aperta con un collegamento telefonico dalla Giordania con Marilena Viviani, direttore dell’ufficio regionale Unicef per il Medio Oriente e il Nord Africa. L’aggiornamento in diretta della situazione e la proiezione di un video hanno così posto l’attenzione sulla drammatica condizione in corso a Gaza, dove l’Unicef è impegnata sia sul fronte dell’assistenza sanitaria sia su quello del recupero dei bambini dal trauma psico-sociale che subiscono.


SALUTE MATERNA E NEONATALE
– L’edizione 2009 del rapporto Unicef “La condizione dell’infanzia nel mondo” ha come tema la salute materna e neonatale. In oltre 150 pagine sono contenuti dati e informazioni che descrivono la situazione attuale e i progressi registrati in tutto il mondo, in particolare nelle aree in via di sviluppo, a partire dal 1990, anno in cui tutti i Paesi membri dell’ONU hanno assunto l’impegno di realizzare entro il 2015 otto “obiettivi di sviluppo del Millennio”.

Il quarto e il quinto di questi obiettivi sono alla base delle indagini e dell’impegno dell’Unicef presentati nel rapporto 2009 e fissano rispettivamente a due terzi la riduzione del tasso di mortalità dei bambini al di sotto dei cinque anni e a tre quarti quella del tasso di mortalità materna, dove per quest’ultima si intende la morte di una donna durante la gravidanza o entro 42 giorni dal suo termine, per cause associate o aggravate dalla gravidanza stessa.

MORTALITÀ INFANTILE – Sul versante della mortalità neonatale i dati raccolti dal ’90 al 2007 registrano una diminuzione dei decessi da 13 milioni a 9,2. Tra i Paesi con i più alti tassi di mortalità infantile significativi progressi sono stati registrati nel Niger, che lo ha  ridotto della metà, e nel Bangladesh, che lo ha diminuito per più della metà. Si tratta di risultati sicuramente significativi e incoraggianti, ma il divario tra i paesi poveri e i ricchi è ancora molto ampio. Come ha dichiarato infatti il presidente Unicef Italia, “un bambino nato in un paese in via di sviluppo ha quasi 14 volte più probabilità di morire entro il primo mese di vita rispetto a un bambino nato in un paese industrializzato”.

MORTALITÀ MATERNA Dai dati del rapporto sulla mortalità materna emerge invece una situazione ancora di estrema gravità. I progressi conseguiti infatti sono insufficienti al raggiungimento dei  risultati previsti per il 2015. I numeri dei decessi per complicanze legate alla gravidanza e al parto, anche se in diminuzione, sono difatti ancora troppo alti. Dal ’90 si stima siano morte 10 milioni di donne per maternità e che in media ogni giorno ne muoiano1500. Queste cifre è presumibile possano essere ancora più alte, considerate alcune difficoltà nella raccolta dei dati.

Per poter classificare un decesso per maternità è necessario infatti avere con precisione alcune informazioni, tra cui la causa della morte e il periodo in cui si è verificato il decesso rispetto alla gravidanza. Notizie queste che possono non sempre essere disponibili per mancanza o scarsa attendibilità dei sistemi di registrazione anagrafica o di diagnostica delle strutture sanitarie.

unicef_rapporto_2009.jpgA tutto ciò si aggiunge che molte donne partoriscono ancora a casa e che i decessi per cause legate alla maternità possono essere ritardati dalle cure mediche oltre i 42 giorni dal parto. Due terzi di tutte le morti materne registrate si verificano in soli 10 paesi. In due continenti, Africa e Asia, si registra il 97% della mortalità materna di tutto il mondo. Avere un figlio è un grave rischio per la vita di una donna nigeriana su 7. Le principali cause di decesso dipendono sostanzialmente da condizioni igieniche precarie, dalla  mancanza di assistenza sanitaria qualificata e di strutture adeguate. Si stima che solo intervenendo sull’assistenza sanitaria di base questi decessi potrebbe essere prevenibili nell’80% circa dei casi. Per ogni donna che muore, inoltre, altre 20 si ammalano o subiscono lesioni o danni permanenti.

Se si confrontano i dati relativi alla situazione delleunicef_rapporto2009cause_differenti_strategie_da_affinare.jpg donne nei  paesi arretrati con quelli industrializzati si comprende quanto grande sia la disparità. Nei primi, in media, una donna su 76 corre gravi rischi per la vita e la salute nel mettere al mondo un figlio, nei secondi il rischio per una donna di morire a causa di complicazioni sorte in gravidanza, durante o dopo il parto, è di una probabilità su 8.000. L’Irlanda è il paese con il più basso tasso di mortalità materna. Questa fortissima disuguaglianza tra i paesi ricchi e poveri è stata definita come “il  più ampio divario del mondo in ambito sanitario”.

AZIONI– Per ridurre il tasso di mortalità sia infantile che materna, il rapporto Unicef raccomanda azioni concrete che passino attraverso l’erogazione di servizi essenziali, forniti mediante sistemi sanitari integrati, e che prevedano anche cure a domicilio e diffuse sul territorio. Questi interventi inoltre vanno accompagnati a misure di miglioramento della condizione sociale e culturale delle donne.

unicefimmagni.jpgIl fatto che la diminuzione della mortalità materna abbia conseguito risultati inferiori rispetto alla mortalità neonatale è anche legato alla condizione svantaggiata delle donne, verso le quali spesso manca un’appropriata attenzione sociale. Come emerge chiaramente dal rapporto, la sopravvivenza e la salute delle donne e dei bambini in tutto il mondo sono i temi su cui l’Unicef, insieme all’Organizzazione mondiale della Sanità, al Fondo delle Nazioni unite per la popolazione e alla Banca mondiale, ha lanciato la propria sfida, che, come ha dichiarato Ann Margaret Veneman, direttore generale “va al di là del raggiungimento degli obiettivi” fissati per il 2015. L’obiettivo più ampio è infatti quello di “prevenire le tragedie umanitarie evitabili”.

L’Unicef – Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia –  è la più importante  organizzazione mondiale a tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. L’organizzazione è stata fondata nel 1946 in seno all’ONU, la cui Assemblea Generale, il principale dei sei organi dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, ne decise l’istituzione. L’Unicef è impegnata ad oggi in 156 Paesi in via di sviluppo. La struttura è articolata in 126 uffici che operano direttamente sul campo e in Comitati nazionali, che hanno sede in 36 Paesi avanzati. In Italia, il comitato nazionale è a Roma e si avvale del supporto di uffici  che operano a livello regionale e provinciale.

La capillarità della struttura dell’Unicef è funzionale all’attività dell’organizzazione, che ha lo scopo di sensibilizzare e promuovere il sostegno a favore dei diritti dei bambini e degli adolescenti che versano in condizioni di degrado e povertà, di emarginazione sociale e discriminazione. I progetti umanitari promossi dall’Unicef sono messi a punto in collaborazione con le istituzioni e organizzazioni locali, proprio perché l’intervento sia il più possibile legato al territorio e si svolga nel rispetto della diversità culturali.

(17 Gennaio 2008)

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