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Ghana, dove le femmine sono streghe

Oltre 600 mila bambini sfruttati nelle piantagioni di cacao. E migliaia di bambine considerate streghe e per questo affidate dai genitori a santoni che “per guarirle dalla maledizione” le torturano, mutilano, avvelenano, violentano, uccidono.

Accade in Ghana, se una famiglia subisce un lutto, una malattia, un problema economico: spesso ad essere incolpati sono proprio i piccoli o gli anziani della famiglia. Ma soprattutto le femmine, accusate di stregoneria, di essere possedute dagli spiriti maligni, vengono abbandonate a loro stesse, quasi sempre con il consenso dei genitori, terrorizzati dalle conseguenze di una maledizione sulla loro famiglia. “Bisogna salvare questi bambini – dice Giovanna Reda, presidente della Ong World Vision Italia 1, che dal ’79 lavora, con i suoi Programmi di Sviluppo Territoriale, in 34 aree del Ghana – e bisogna farlo subito. Per questo partiamo con la campagna di sostegno a distanza “Un sogno per il Ghana”. Vogliamo salvare cinquecento bambini entro il 31 gennaio 2011″.

Il progetto partirà nella zona di Kassena Nankana West, nel Nord-Est del Paese, dove povertà e fame, malattie legate all’uso di acqua non potabile si uniscono ai mali sociali: l’analfabetismo, la superstizione, la credenza nella stregoneria. Sono diversi i progetti messi i piedi da World Vision in questa zona: alcuni per la salute, considerato che nel 2002 il 92% dei medici specializzati ha lasciato il Paese; altri per l’igiene, dato che il 78% della popolazione non ha un sistema igienico sanitario adeguato; altri ancora per l’acqua potabile, inaccessibile per il 48% della popolazione; ma anche per l’istruzione e lo sviluppo sociale. “Tra le tradizioni radicate in Ghana – spiega Giovanna Reda – voglio ricordarne una in teoria bandita dalla legge: la Trokosi, che in lingua Ewe significa schiava di Dio. E’ una forma di schiavitù molto radicata nel Nord del Paese che obbliga migliaia di giovani donne e bambine a vivere come schiave e concubine al servizio di un sacerdote del tempio al fine di espiare colpe – spesso piccoli reati minori – commessi dai loro familiari”.

La “schiavitù religiosa”, a questa forma se ne affianca un’altra ancora più diffusa: lo sfruttamento del lavoro minorile nelle piantagioni di cacao. E qui si apre un altro capitolo drammatico: in Costa D’Avorio e in Ghana, Paesi dove i bambini non possono permettersi di comprare un pezzetto di cioccolato, si produce il 70% del cacao a livello mondiale. Per tenere basso il prezzo ed essere competitivi sul mercato internazionale, i governi africani fanno pressione sugli agricoltori locali per ridurre al massimo i costi di produzione: da qui lo sfruttamento dei bambini che si traduce in grossi profitti solo per produttori ed esportatori.

Sono 750 mila i bambini sfruttati tra i 5 e i 14 anni (circa il 27,6%); le bambine sono circa 660 mila (circa il 26%), per un totale di 1.410 mila ragazzi prigionieri dello sfruttamento minorile. Spesso ognuno di questi piccoli schiavi ha alle spalle la morte o la malattia di un genitore, un indebitamento o semplicemente la necessità di incrementare le entrate familiari. In Ghana la maggioranza della popolazione vive con meno di 1 dollaro al giorno e molto spesso le famiglie dipendono dal reddito dei bambini per sopravvivere. I bambini sono così costretti a lavorare a ritmi estenuanti, passano intere giornate a trasportare carichi pesanti, maneggiare pericolosi machete per raccogliere i baccelli di cacao e togliere il fogliame dagli alberi più alti: oltre la metà di loro, inoltre, mescolano e spruzzano pesticidi, stanno vicino al fuoco, il tutto senza alcun tipo di protezione. Molti bambini hanno poco più di sei anni e vengono costretti a lavorare anche ottanta, cento ore a settimana. Vengono maltrattati, malnutriti e perdono per sempre la speranza di poter, un giorno, tornare a scuola.

In questa drammatica e larga rete si muovono inoltre organizzazioni criminali che trafficano i bambini tra i vari stati africani per farli lavorare nelle piantagioni. A volte, sono le stesse famiglie che affidano loro i propri figli. Per questo in molte aree povere dell’Africa sub sahariana, specie nelle aree rurali, la schiavitù infantile è purtroppo una piaga sociale molto diffusa. Come si fa per aiutare questi bambini? “Con il sostegno a distanza – spiega Giovanna Reda – bastano 25 euro al mese, cioè meno di un euro al giorno, per aiutare un bambino in Ghana. Il sostenitore italiano può andare a trovare il piccolo nel suo villaggio, scrivergli, mandargli doni, andare a verificare come sta. Con il tempo, si crea un vero rapporto e per questo è importante che il sostegno duri più a lungo possibile, fino ad accompagnare il bambino nella maggiore età”.

Se i vari progetti che l’associazione umanitaria internazionale ha avviato in questa zona dell’Africa Occidentale andranno a buon fine, ne beneficeranno circa 31 mila persone tra adulti e bambini di 54 comunità che vivono nell’area di Kassena Nankana.

(2 Novembre 2010)

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