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In vacanza senza il baby? La regola degli otto mesi

Da ‘Corriere della Sera’ del 22-3-14

«Povero bambino, come può lasciarlo a casa per andarsene in vacanza?»; «Mia moglie e io non abbiamo mai lasciato a casa il piccolo»; «Non capisco questa pioggia di critiche, che male hanno fatto?». Si è quasi trasformato in un affare di Stato il viaggio di Kate e William alle Maldive senza il piccolo George: sul Daily Mail la notizia ha sollevato un polverone di commenti. Più grave della cifra pagata (170 mila euro in 6 giorni), è sembrato il fatto di aver lasciato a casa il figlio neonato. Da mamma di un bimbo di qualche mese più grande, mi sono appassionata al dibattito pensando a cosa avrei fatto io al loro posto. O meglio, mi sono fermata a riflettere su cosa ho fatto io: sono partita. Ho prenotato il viaggio che desideravo fare, lasciando mio figlio con i nonni, collezionando opinioni favorevoli e contrarie. Ovviamente non è stata una decisione a cuor leggero: e scrivendo questo articolo scopro di aver commesso dei piccoli errori che sarebbe stato meglio evitare (tipo chiamare con Skype).

«Ma in realtà la mamma dovrebbe comportarsi un po’ come Mitridate», assolve la coppia reale (e me) il professore Umberto Balottin, direttore dell’Unità di neurologia e psichiatria dell’età evolutiva dell’Istituto Mondino di Pavia. Il re, ossessionato dalle cospirazioni, aveva chiesto al medico di somministrargli, a piccole dosi, un miscuglio di veleni, per renderlo immune a qualsiasi veleno assunto in dosi più importanti. «Abituare il bambino, anche molto piccolo, a un distacco, lo immunizza dallo shock delle separazioni — spiega Balottin —. La psiche si inizia a formare in seguito a una frustrazione: nel caso della lontananza dei genitori, il bimbo impara a tollerarne l’assenza e lentamente a dominarla».

 La gradualità nelle separazioni viene vista come un caposaldo: si comincia con poco, magari un weekend, valutando la reazione. «Insieme si deve tener conto della capacità vicaria di chi sostituisce.

Seguendo la teoria di Renè Spitz, gli 8 mesi sono l’età dell’angoscia, in cui i bambini cominciano a distinguere le presenze familiari da quelle estranee». Se l’otto è il numero tabù, al piccolo principe (di otto mesi esatti) saranno bastate le cure dei nonni materni e della tata? «Tutto è soggettivo, conta molto la capacità di reazione del bimbo. Ma alcuni atteggiamenti ossessivi sono inoculati dai genitori, che si disperano se non hanno portato il peluche in valigia». Il dibattito che divide i (presunti) egoisti dagli onnipresenti ha come cardine l’insostituibilità della mamma. Ma la teoria di Margaret Mahler sembra essere stata ridimensionata.

 Il primo anno? Il più difficile (per la coppia)
«Contano molto anche altre figure di accudimento come il papà, i nonni e addirittura la baby sitter», osserva la psicologa e scrittrice Silvia Vegetti Finzi. «Crescere un bambino è molto impegnativo e il primo anno dopo la nascita del figlio è a rischio di crisi per la coppia». La vacanza in cui non ci sono pannolini da cambiare e pappe da scaldare diventa quasi necessaria. A una condizione: che la mamma, partendo, sia serena. «Il bambino percepisce lo stato d’ansia». Le regole non finiscono qui. La prima è quella di provare a spiegare la partenza. «Fatelo con voce tranquilla e usate un vecchio trucchetto: lasciate un vostro indumento nella culla», spiega la Vegetti Finzi, che al tema ha dedicato il libro «A piccoli passi. La psicologia del bambino da 0 a 5 anni», scritto con Anna Maria Battistin.



Lontani dal bimbo e lontani da Skype
. Rimedi antichi e passi falsi moderni: «Evitate di chiamarlo con Skype, genera uno sconforto profondo nel bambino che vede e sente i genitori ma viene privato della fisicità». Nicola Principi, ordinario di pediatria all’Università di Milano, invita a immedesimarci: «Immaginatevi all’improvviso in un posto straniero, da soli, nessuno parla la vostra lingua. Siete senza riferimenti. Come vi sentireste?». Un efficace scambio di ruolo per sottolineare la conservazione di abitudini rassicuranti e l’affido a persone familiari. «I nonni sono perfetti, purché ci sia un rapporto avviato».

L’alternativa è partire insieme. «Anche qui sfatiamo tante ansie: il bambino se ha un biberon pieno di latte e un cambio può anche fare la traversata Roma-New York». La vacanza può assumere un valore speciale. «Sembra sempre più difficile stare con i bambini: le ferie possono essere un recupero di tempo “disteso”, in cui non si è contesi tra famiglia e lavoro — osserva Anna Rezzato, ordinario di Pedagogia alla Bicocca —. Se però si sceglie di partire da soli, evitiamo le età più fragili, che magari non sono i vecchi otto mesi, ma quelle più faticose per il bimbo: per dire, se lo avete appena iscritto al nido, non prenotare una vacanza per due».




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