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L’educazione sessuale inglese non prevede consigli

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images.jpgIl ministro dell’Infanzia ordina ai genitori di informare senza giudicare.

I genitori inglesi devono spiegare ai propri figli adolescenti che i bambini non nascono sotto i cavoli, devono illustrare, nel dettaglio, in che cosa consistono certe attività comunemente definite sessuali, ma non possono assolutamente dire, in quanto genitori, cosa è giusto e cosa è sbagliato.

Cioè: “Se effettui un nemmeno troppo prolungato movimento penetrativo con la tua compagna di classe di dodici anni, e se non usi uno di quei cappuccetti di gomma, c’è la concreta possibilità che lei resti incinta”. Fino a qui tutto bene. Ma è vietato aggiungere: “Non farlo, sei troppo piccolo, se ti becco ti tolgo la playstation per quattro sabati di fila, sei ancora un bambino, andiamo al McDonald’s piuttosto, per le ragazze hai tutta la vita davanti”. Non si può perché dare giudizi è controproducente, sostiene il ministro per l’Infanzia Beverly Hughes, che ha preparato un opuscolo intitolato: “Parlare al tuo teenager di sesso e relazioni”.

Sarà distribuito nelle farmacie dal mese prossimo, e prevede lezioni di sesso con informazioni tecniche sulle diverse forme di contraccezione, dai preservativi alla pillola alla spirale, ma con un approccio del tutto “value-free”, privo di giudizio morale (o di semplice buon senso), perché sennò i ragazzini potrebbero sentirsi oppressi, chiudersi in loro stessi e fare le cosacce di nascosto (come succede da sempre). Invece, se si mantiene un tono assolutamente monocorde mentre si spiega ai propri bambini cosa sono le malattie veneree, è più probabile che una domenica pomeriggio loro ci dicano: “Sai daddy, avevo pensato di mettere incinta per sbaglio Sally, ma poi abbiamo capito da soli che potrebbe essere una cazzata e siamo andati al cinema”.

A questo punto il genitore inglese, moderno e soprattutto ligio alle direttive del governo risponde, senza smettere di fare giardinaggio: “Ragazzi, l’importante è che abbiate tutte le informazioni necessarie sulla pillola del giorno dopo” e si toglie la brochure dalla tasca.
Anzi, il ministro spiega anche che, per un risultato ottimale, bisogna spiegare ai piccoli, il prima possibile, il ciclo ovulativo e il percorso degli spermatozoi mentre si lava la macchina, si fa la doccia, si guarda la tivù, per creare un’atmosfera informale. “Ricordandosi che provare a convincerli di che cosa è giusto e che cosa è sbagliato potrebbe scoraggiarli dall’essere aperti e sinceri”. Lo scopo del governo inglese è insomma quello di creare intere generazioni di tredicenni superinformati sull’utilizzo dei profilattici e con la responsabilità di decidere da soli se usarli o meno e se cominciare subito a nascondersi nei bagni con le amichette. Senza nemmeno i divieti dei genitori (fatti per essere disubbiditi, certo, ma almeno un piccolo ostacolo alle idiozie), senza alcun giudizio.

“Il governo non deve educare i bambini ma deve giocare un ruolo nel sostenere i genitori e nel dare loro accesso alle informazioni”.
E’ la politica inglese, da sempre: educazione sessuale a raffica, praticamente dalla scuola materna, preservativi dappertutto, opuscoli, pillola del giorno dopo ovunque, cliniche sessuali per offrire contraccezione a bambini di dodici anni, nessuna intenzione di preservare l’innocenza, ma la convinzione che bisogna sapere tutto, subito, freddamente, per prevenire. Il risultato però è strano: un numero molto alto di aborti, duecentomila l’anno come in Francia, un numero spropositato di gravidanze tra gli adolescenti: ultima, la vicenda da rotocalco del padre tredicenne la cui paternità è contestata da altri due adolescenti che giurano di avere messo incinta, nove mesi fa, la quindicenne fotografata con il neonato in braccio.

L’ultima spiaggia, dopo tutta la prevenzione del mondo, è allora l’eliminazione di qualunque tipo di moralità nell’educazione dei figli. Se un genitore evita di dire al proprio ragazzo o ragazza che fare l’amore a tredici anni non è una buona idea perché a tredici anni è più divertente giocare a pallone (come succede, di nuovo, verso i quarant’anni) o appiccicare gli adesivi sul diario, andare al mare, fare gare di nuoto, giocare a pallavolo, vedere qualche film, se evita di influenzarlo ma lo lascia solo a decidere, allora c’è da sperare che il figlio/a si crei da sé, con l’opuscoletto in mano, un proprio giudizio autonomo, eviti di andare a scuola in perizoma e di fare il gioco della bottiglia con penitenze a luci rosse. I genitori non sono più genitori, sono conviventi informatori, sono dei consultori a domicilio, e nel malaugurato caso in cui abbiano un’opinione devono, in nome della libertà e dell’autonomia, tenerla segreta.

(2 Marzo 2009)

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