Me Agape Reportage

Siamo tanti, ma non troppi!

Pubblicato il

images-2.jpgAnche se non avete mai sentito parlare delle previsioni di Thomas Malthus è probabile che stia ancora condizionando i vostri pensieri. Pensieri neri sul futuro dell’umanità, del tipo «siamo sempre di più e prima e poi la Terra non ce la farà, scoppiando».

Per la fortuna degli ottimisti c’è l’inglese Fred Pearce, pluripremiato reporter scientifico che ha fatto un tour de force planetario per dimostrare che le cose non stanno affatto così. Ha scritto un saggio provocatorio – «Il pianeta del futuro» – che fa discutere: ha ragione o no, quando dipinge scenari controcorrente, diversi da quelli degli eco-studiosi con il gusto del catastrofismo?

Mister Pearce, Malthus, nell’Ottocento, ha teorizzato che la popolazione cresce in progressione geometrica, mentre le risorse solo in progressione aritmetica, con esiti disastrosi: secondo lei, in che cosa ha visto giusto e in che cosa ha sbagliato?
«Ha avuto ragione nel portare all’attenzione un tema tanto importante come la crescita demografica e nel sottolinearne le conseguenze a vasto raggio, dall’economia alla politica, però ha sbagliato a credere che gli esseri umani si sarebbero comportati come animali ciechi, moltiplicandosi senza sosta, fino al crash finale. La gente non agisce così. Compie scelte consapevoli su ciò che è meglio per sé e, in fondo, per il pianeta. In media, oggi, le donne sanno di avere bisogno di 2 bambini, al massimo 3, per “produrre” la prossima generazione. Non è più necessario generarne 5 o 6, con gravidanze a catena. Sempre più donne si danno altri obiettivi. Le paure di Malthus si stanno rivelando sbagliate».

Eppure la «bomba della popolazione» continua a deflagrare in molte aree, dall’Africa all’India, vale a dire in quelle più povere.
«E’ vero che negli ultimi decenni la popolazione mondiale è cresciuta rapidamente, suscitando forti paure. Nei Paesi in via di sviluppo, in particolare, le donne erano costrette ad avere 5 o 6 bambini per assicurarsi dei discendenti, ma oggi, in molte zone, le migliori condizioni igieniche e sanitarie hanno cambiato la situazione e la mortalità infantile è crollata: quando, nel 1968, Paul Ehrlich scrisse il bestseller “The Population Bomb”, ogni donna, in media, aveva 5 bambini, mentre oggi la cifra si è dimezzata. E’ una trasformazione che non è stata sufficientemente apprezzata, senza dimenticare che molti altri Paesi – a cominciare dall’Italia – hanno livelli di fertilità bassissimi, dall’Europa, appunto, al Giappone. Ecco perché la domanda è un’altra: il mondo sta seguendo o no l'”Italian style” della fertilità? Quanto a voi italiani, se continuate così non resterete in molti entro la fine del secolo».

Qual è la risposta?
«La “questione italiana” potrebbe cominciare a diventare un tema globale già nei prossimi 20 o 30 anni».

Intanto, però, lei scrive che ci dobbiamo aspettare un ulteriore boom: l’umanità crescerà di 1 miliardo di persone, forse addirittura 2.
«C’è un duplice aspetto: la crescita che si registra ancora in Africa e in Medio Oriente e il fatto che le donne nate nel baby boom degli Anni 80 sono ancora fertili. Siamo quindi entrati in quello che si può definire il “momentum”, una fase cruciale in cui si verificherà il previsto aumento di 1-2 miliardi prima che la popolazione si stabilizzi e inizi a calare. Ma gli indizi di una discesa generalizzata, che si faranno sentire più in là nel tempo, sono tanti: l’esempio perfetto è l’Iran».

Spieghi.
«Negli Anni 80 ogni famiglia era composta da 7-8 bambini. Oggi la media è 1,7. E la composizione della popolazione è cambiata. Lo si è visto durante le proteste contro il regime: la massa era composta da giovani adulti, ventenni e trentenni. Oggi sono loro a rappresentare la maggioranza e chiedono riforme e democrazia. Le trasformazioni demografiche hanno sempre conseguenze politiche e lo si nota in altri Paesi, come Marocco, Algeria, Tunisia, Libano e perfino tra i palestinesi, con l’eccezione, al momento, di Gaza».

Un paio di miliardi in più sono comunque una cifra terrificante: non tutti gli studiosi sono pronti a scommettere che la Terra li reggerà.
«Non ho scritto che tutto si risolverà di colpo. Semmai che possiamo prevedere un mondo, in uno spazio di tempo di circa mezzo secolo, in cui la bomba demografica sarà stata definitivamente disinnescata. Le argomentazioni della maggior parte degli ambientalisti – “non possiamo risolvere il problema del cibo o dell’energia o dei cambiamenti climatici e tutto a causa della sovrapopolazione” – sono in realtà i soliti equivoci malthusiani. E sono sbagliati. I problemi del pianeta non sono e non saranno legati ai nostri numeri, ma ai consumi e agli sprechi, all'”impronta ecologica”. In altre parole: l’impatto decisivo sulla Terra non è quello dei popoli poveri, ma delle nazioni ricche. E infatti, anche se oggi l’umanità si bloccasse a 7 miliardi, l’ambiente continuerebbe a deteriorarsi a causa delle nostre cattive abitudini, come quella di bruciarie combustibili fossili. Ecco perché, invece della Bomba della Popolazione, ci si deve preoccupare della Bomba dei Consumi: è questa, mentre si diffonde in Paesi un tempo sottosviluppati, che rischia di distruggerci».

Molti ambientalisti ribattono che noi, i «ricchi», stiamo diventando virtuosi. Africani, indiani, cinesi, no.
«In realtà, se europei e americani cambieranno davvero stile di vita, allora saranno gli indiani e i cinesi a seguirli. I nostri modelli fanno gola».

Intanto lei suggerisce che le culle vuote dell’Europa sono un pericolo.
«Non mi aspetto che l’Europa sia una delle forze del futuro, ma il punto è che molte nazioni del continente rischiano di sparire, dall’Italia alla Germania, mentre l’invecchiamento è un processo inarrestabile: il XXI secolo sarà l’era degli anziani, però non possiamo esagerare su questa strada o ci faremo molto male».

(12 Maggio 2010)

Un pensiero su “Siamo tanti, ma non troppi!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.