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Mamme permissive, perchè no?

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Rilassatevi, divertitevi, lasciate che i vostri figli stiano davanti al computer o alla tivù e per cena ordinategli la pizza.

È l’inaspettato consiglio che un nuovo guru dell’infanzia (e adolescenza) dà ai genitori di oggi, spiegando che è impossibile programmare i bambini per farli diventare Einstein o Mozart. Sottoporli a impegni troppo gravosi e regole troppo severe può avere risultati controproducenti, ammonisce il professor Bryan Caplan in un nuovo manuale che fa discutere sulle due sponde dell’Atlantico: “Il talento e l’immaginazione non si possono insegnare, i figli vanno lasciati liberi di fare le scelte che desiderano, senza costringerli a una faticosa routine di sport, lezioni di danza e pianoforte, niente giochi e passatempi”.

Suona come una risposta all'”Inno di battaglia della madre-tigre”, il libro uscito lo scorso anno negli Stati Uniti fra mille polemiche, in cui Amy Chua, docente di diritto cinese-americana di Yale, esortava le famiglie occidentali ad adottare uno stile più simile a quello orientale nell’educazione dei figli (leggi qui il nostro articolo): prendendo ad esempio le sue due bambine, cui erano vietati i pomeriggi a casa delle amiche o i pop-corn, obbligate a estenuanti lezioni di musica e a prendere sempre i voti più alti a scuola per non incorrere in punizioni, trattate come soldatini da addestrare. La tesi dell’autrice è che il permissivismo occidentale ha trasformato i ragazzi di oggi in una generazione perduta, non a caso destinata a essere superata a scuola e poi anche nella vita dagli ambiziosissimi studenti cinesi, indiani, coreani, che emigrano negli Usa o in Europa, eccellono all’università, ottengono i lavori migliori. Un’accusa che sembra una metafora del declino dell’Impero Americano davanti all’imminente sorpasso da parte della Cina e dell’Asia.

Ma in “Selfish reasons to have more kids: why being a great parent is less work and more fun than you think” (Ragioni egoistiche per fare più figli: perché essere un bravo genitore è meno faticoso e più divertente di quanto si pensi), Bryan Caplan, psicologo ed economista della George Mason University, ribalta questo genere di argomentazioni. Citando dati e statistiche su gemelli e figli adottivi, lo studioso dimostra che raramente il modo in cui i genitori allevano i figli ha un effetto su come diventeranno da adulti. “Sono molto più influenti i loro geni e le loro scelte autonome”, sostiene l’accademico. “Per cui, se siete una persona a cui piacciono i bambini, fate figli e cercate di godervi l’esperienza”. Ed ecco le sue regole, o meglio non-regole: non obbligare i figli a milioni di attività, se a loro non piacciono; non lamentarsi in continuazione perché guardano la tivù o stanno al computer, sono i passatempi della loro generazione; non arrabbiarsi se vogliono la pizza o il gelato, il che non significa farne fast-food dipendenti. In assoluto lasciarli più liberi, dare loro più autonomia di scelta e di giudizio.

Il ritorno del permissivismo? Non proprio, perché il libro di Caplan è consapevole dei rischi che esistono per i più giovani rispetto a droghe, alcolici o sesso non protetto. Il suo è tuttavia una sorta di “inno di battaglia” delle madri (e dei padri)-agnello, un rifiuto della disciplina inflessibile della madre-tigre. “È un approccio più rilassato e più giusto”, commenta sull’Observer di Londra la dottoressa Ellie Lee, psicoterapeuta infantile della Kent University, “l’idea che il futuro dei nostri figli dipenda esclusivamente dall’intensità con cui facciamo i genitori è fuorviante”. In fondo, concordano altri esperti, i genitori di oggi, che sono poi i figli del boom economico del dopoguerra, sono cresciuti senza essere ossessionati dalle ambizioni dei loro genitori, e il risultato non è stato tanto male.

(30 Maggio 2011)

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